Il titolo della mostra richiama immediatamente alla mente l’omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij. Nell’intreccio del racconto, un uomo si aggira in una piccola stanza spiegando i motivi che lo hanno spinto alla decisione di scrivere le proprie memorie, e anche quelli che dovrebbero trattenerlo dal farlo. È prepotente quando rivendica il bisogno di essere libero e fuori da ogni convenzione, e poi fa tenerezza, quasi, quando mostra tutti i difetti, che abbondano e si manifestano sia nell’accettazione delle cose, sia nei tentativi di cambiarne il corso.
In mostra la nuova serie di opere site specific – sculture, installazioni e ambientazioni, disseminate lungo tutto il primo piano del Museo – di Antonio Marras che restituiscono il clima del romanzo di Dostoevskij. Realizzate tutte a Mondovì, le opere sono nate direttamente dalle stanze del Museo della Ceramica di Mondovì, dai sottoscala e dai depositi polverosi che conservano forme e stampi, dai frammenti di progetti, dai fogli degli archivi, dai laboratori e dagli incontri fatti nella zona.
Antonio Marras si serve della ceramica e guarda ai classici della raccolta del museo: a muoverlo è il desiderio di rappresentare qualcosa di meraviglioso. Per Marras la ceramica diventa una forma di paziente indagine sul mondo, capace di stabilire nessi, dare risposte, individuare relazioni. Un modo per dare e darsi forma, per contenere la sua confusione, per aprire orizzonti che scavino dentro la vita, senza mai la pretesa di chiudere il discorso.
In mostra sculture, installazioni e ambientazioni, tutte realizzate all’interno di UP, unità produttiva del Museo della Ceramica di Mondovì. Sarà realizzato un catalogo in cui le foto di Daniela Zedda riprodurranno l’ambientazione e la mostra installata.